Ho sempre voluto fare il gangster

Ho sempre voluto fare il gangster

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster

Monologo dell’ex criminale Henry Hill che ricorda la sua infanzia in Quei bravi ragazzi

Ho sempre voluto fare il gangster, Quei bravi ragazzi, 1990, Martin Scorsese, Ray Liotta, Henry Hill
Una scena di Quei bravi ragazzi che ha come protagonista Ray Liotta nel ruolo di Henry Hill
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“Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster. Per me fare il gangster è sempre stato meglio che fare il Presidente degli Stati Uniti”. Lo dice l’ex gangster Henry Hill che ricorda la sua infanzia. Ad interpretare questo personaggio in Quei bravi ragazzi è un formidabile Ray Liotta. Si tratta di una pellicola diretta nel 1990 da Martin Scorsese. Se volete leggere altri dialoghi e monologhi sul film vi consiglio di leggere questo interessante articolo: Quei bravi ragazzi frasi e citazioni.

Henry Hill nel 1955 è un adolescente, di padre irlandese e madre italo-americana, cresciuto a Brownsville, quartiere malfamato di Brooklyn a New York. Protetto fin da piccolo da Paul Cicero, potente boss locale della famiglia Lucchese, Henry entra a far parte della sua banda, specializzata in furti e contrabbando. Si darà alla carriera criminale collaborando con il famigerato gangster Jimmy Conway (Robert De Niro) e Tommy DeVito (Joe Pesci).

A rendere ancora più memorabile il monologo di Henry che dice: “che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster” è la bellissima voce di Cesare Barbetti. Il famoso attore, doppiatore e direttore del doppiaggio italiano nel film prestava infatti la voce a Ray Liotta. Ora vi riporto l’intero monologo di Henry Hill in Quei bravi ragazzi sia in italiano che in lingua originale.

“Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster. Per me fare il gangster è sempre stato meglio che fare il Presidente degli Stati Uniti.

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster. Per me fare il gangster è sempre stato meglio che fare il Presidente degli Stati Uniti. Quando cominciai a bazzicare la stazione dei taxi e a fare dei lavoretti dopo la scuola, ho sentito che volevo essere dei loro. Fu là che capii che cosa significa far parte di un gruppo. Per me significava essere qualcuno in un quartiere pieno di gente che non era nessuno. ‘Loro’ non erano mica come tutti gli altri, ‘Loro’ facevano quello che volevano.

Parcheggiavano in doppia fila davanti a un idrante e nessuno gli faceva la multa.. Io ero il ragazzo più fortunato del mondo. Potevo andare dovunque, potevo fare qualsiasi cosa, conoscevo tutti e tutti conoscevano me. I ragazzi arrivavano in Cadillac e Tuddy mi tirava le chiavi e me le lasciava parcheggiare. Eccomi qua, un ragazzino che quasi non riesce a vedere al di sopra del volante e già parcheggiavo le Cadillac.

Ma… I miei genitori cambiarono idea presto sul mio lavoro alla stazione dei taxi. Per loro la stazione dei taxi doveva essere un lavoretto provvisorio, ma per me era a tempo pieno. Io non volevo fare altri lavori. Vedete, la gente come mio padre non l’avrebbe mai capito, ma io mi sentivo parte di qualche cosa, appartenevo a qualche cosa ed ero trattato come un adulto. Giorno per giorno imparavo come si campa a sbafo: un dollaro qua, un dollaro là. Vivevo come in un sogno.

“Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster”. Il monologo in lingua originale

As far back as I can remember, I always wanted to be a gangster. To me, being a gangster was better than being president of the United States. Even before I first wandered into the cab stand for an after-school job, I knew I wanted to be a part of them. It was there that I knew that I belonged. To me it meant being somebody in a neighborhood that was full of nobodies. They weren’t like anybody else.

They did whatever they wanted. They double-parked in a front of a hydrant. Nobody ever gave them a ticket… I was the luckiest kid in the world. I could go anywhere, do anything. I knew everybody, and everybody knew me. Wiseguys would pull up, and Tuddy would toss me their keys and let me park their Cadillacs. Here I am, this little kid. I can’t see over the steering wheel, and I’m parking Cadillacs.

But it wasn’t too long before myh parents changed their minds about my job at the cab stand. For them, the cab stand was supposed to be a part-time job. But form me, it was definitely full-time. That’s all I wanted to do. See, people like my father could never understand, but I was a part of something. I belonged. I was treated like a grownup. Every day, I was learning to score. A dollar here, a dollar there. I was living in a fantasy.

Altre curiosità su Quei bravi ragazzi

“Ho sempre voluto fare il gangster”. Che ne pensate del monologo di Ray Liotta in Quei bravi ragazzi? Conoscevate questo passaggio del film? Dopo aver letto le parole “ho sempre voluto fare il gangster”, potete leggere anche questi interessanti pezzi sul film:

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Vi è piaciuto questo articolo sul monologo dell’ex gangster Henry Hill, che dice: “ho sempre voluto fare il gangster”? Trovate articoli simili nella sezione del blog non son solo film dedicata alle curiosità.

Luca Miglietta

Pubblicato da Luca Miglietta

Luca Miglietta, classe 1988, nato a Torino, appassionato di cinema e di tutto il mondo che lo circonda. Cresciuto fin da piccolo con la passione per il grande schermo guardando saghe come Ritorno al Futuro, Star Wars ed Indiana Jones. Difficile dire quale sia il mio film preferito in assoluto, perché generalmente non mi affeziono a un singolo film a parte quelli sopracitati che sono legati alla mia infanzia. Se dovessi però dirne qualcuno penserei a: Blade Runner, Terminator o Apocalypse Now. Non amo solamente il cinema, ma anche la letteratura e la fotografia.